Facebook, Google e Burson-Marsteller

Chi si interessa di comunicazione, ufficio stampa e altre attività connesse, e lo fa in maniera seria, cioè al passo coi tempi, avrà letto oggi della notizia apparsa online che riguarda un affaire FacebookGoogleBurson-Marsteller.

Mentre i primi due sono molto noti a tutti, possiamo dire che la terza è una tra le più conosciute società di consulenza di comunicazione ed RP, che sostiene che – riporto direttamente dal loro sito –

“[…] la nostra partnership con i clienti è fatta di idee innovative, ricerche e una attenta esecuzione al fine di ottenere una comunicazione efficace in ambiti complessi e scenari competitivi. Burson-Marsteller offre competenze di eccellenza e i suoi professionisti sono specializzati per practice e per industry al fine di rispondere alle esigenze dei clienti e alle aspettative del mercato. […]”

Certo è che se il cliente a cui offrire il tuo servizio di consulenza si chiama Facebook, non puoi certo dirgli che ti occuperai del loro ufficio stampa scrivendogli un comunicato, e finita lì. Devi avere idee davvero innovative, devi dare davvero qualcosa che altri non sono in grado di offrire.

Intanto, sgombriamo il campo da malintesi: la storia si è giocata in USA e non qui, dove le dinamiche di certe questioni sono leggermente diverse, più aperte.

In ogni caso, la decisione di diffondere notizie (a detta di BM e Facebook) vere e già pubbliche, che sostenevano la violazione della privacy degli utenti da parte di Google, era chiara e manifesta. L’obiettivo era quello (pare) di far scrivere ai blogger, molto potenti e seguiti in USA come in molte altre parti del mondo, articoli e post che infangassero Big G.

Nel caso specifico invece, a rovinare la festa è stato un blogger, tale Chris Soghoian, che ha cercato subito di capire perchè gli account di BM stessero proponendo lui un articolo ‘diffamatorio’ di Google, così, tanto per sport.

Alla sua richiesta specifica ‘chi ti paga per fare questo‘? L’account pare non abbia mai risposto, facendo scattare l’arma del blogger: lo sputtanamento tramite pubblicazione dello scambio di mail avuto proprio con BM.

Peccato che, anche se le news possono essere vere, fa sempre un certo effetto ai non addetti ai lavori, vedere che un’azienda paga un’agenzia di consulenza per sputtanare un avversario: può apparire davvero scorretto e lo è. In politica avviene costantemente, con consulenti ‘preparatori tecnici’ che aiutano le Moratti di turno a infangare alla peggio il Pisapia di turno.

Ed eccomi all’analisi personale: non è mio interesse parlare del contenuto della questione, dellea verità o meno delle notizie in oggetto. Ma credo che (come dice Gigi Beltrame, amico giornalista di tecnologia – e non solo) di verginelle in giro, ce ne siano poche. Chi opera nel mondo del web, specie se 2.0…(che fa tanto figo dirlo)…sia pulito. Tutti corrono a stilare inutili policy aziendali in cui si specifica che bisogna sempre dichiararsi ad un blogger, quando si opera per conto di un’azienda. Ma se qualcuno che legge ha provato a farlo, potrà confermare che se alle spalle hai un messaggio positivo, ma un brand debole, non ti caga nessuno.

Se hai un brand forte, vai via come il pane, ma se hai un brand forte e un messaggio spargi-letame, rischi: soprattutto se incappi nel moralista del web che non ci sta.

Il fatto poi è che spesso il metodo non è coerente: le aziende pagano i consulenti per ‘sporcarsi’ le mani (unico modo per avere un risultato qualsiasi), potendo poi vantare di non aver tradito le policy internamente. certo, la policy si estende a tutti i collaboratori anche esterni, ma se la figura la fa l’agenzia, si dorme un pelino più tranquilli, su.

Insomma, se si deve agire con dolo….o quasi, ci si cela, si nasconde lo scopo e il nome del ‘mandante’. Tutto in nome della trasparenza! Ma nella pratica, poi, è tutta un’altra storia.

Ecco, la mia idea non è tanto che si sbagli a celarsi o meno al blogger, quanto che il motivo di tutto era la diffusione di notizie dannose, mossa fatta con intenzioni secondo me anti-sportive. Se fossero stati sicuri della bontà delle notizie, avrebbero fatto un comunicato, organizzato una roundtable, magari virtuale, mettendoci la faccia. O no?

La linea ufficiale di Burson-Marsteller sull’accaduto, si legge sul sito dell’agenzia.

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Postilla: non è la prima volta che gli utenti esperti della rete ‘smascherano’ il lavoro malfatto di un’agenzia o di un’azienda. La scorsa stagione Sony Eriksson (che per l’evento si era rivolta a BM Italia), aveva reso Villa Biscossi il comune più connesso d’Italia. Peccato che per aggiornare lo status della pagina fan su Facebook fosse stato usato un iPhone!!!!

Leggi l’articolo di LEGA NERD e fatti due risate.

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